Storia
Alcune notizie storiche sugli alpi di Claro.
Per una descrizione più diffusa della storia degli alpi di Claro si rimanda alla pubblicazione «CLARO, dal piano all’alpe» di Giancarlo Bullo, edito dal Patriziato nel 2011.
Gli alpi di Claro sono le stazioni più alte sulle quali, durante l’estate, soggiornavano le famiglie originarie dell’antica Vicinanza (comunità) con il loro bestiame
La Vicinanza di Claro era frazionata in quattro Degagne: Scubiago e Duno a nord, Brogo e Cassero a sud.
Il fondovalle non garantiva un’adeguata area da coltivare per sopperire al fabbisogno alimentare della popolazione per un intero anno. Veniva a mancare anche il foraggio per il bestiame. Di conseguenza, da tempi remotissimi, la popolazione locale fu costretta a sfruttare l’ampia fascia di montagna a ridosso del paese.
Gli alpi rappresentavano una tappa importante durante la transumanza che vedeva gente e bestie spostarsi e cambiare residenza nel corso dell’anno. Situati alla quota più alta, in una zona di pascoli comuni, gli alpi erano abitati per un paio di mesi all’anno.
Il trasferimento iniziava a metà marzo con un primo spostamento dal piano fin sui monti bassi (marzo-aprile) a circa 700 m/s.m., per salire poi sui monti alti (maggio-giugno) a circa 1200 m/s.m. La salita si concludeva con il terzo trasferimento con il quale si raggiungevano gli alpi tra i 1500 e i 2000 m/s.m. sui quali si restava nel periodo estivo.
A fine agosto si riprendeva il cammino inverso, stazionando dapprima sui maggenghi più alti (settembre-ottobre), poi su quelli più bassi fino a fine novembre, talvolta, anche parte di dicembre, prima di riguadagnare il piano per circa tre-quattro mesi invernali.
Come detto, gli alpi sono situati in una parte di territorio comune, quindi non attribuito ai privati.
Gli alpi di Claro sono i seguenti:
- Peurétt a 1745 m/s.m., con la mudède, il corte intermedio, dei Mòrt e di Canèe da Crèe, sopra Peurétt, sulla sinistra dell’omonimo riale;
- Garerésc a 1783 m/s.m. con Cadín a 1656 m/s.m.;
- Mótt a 1870 m/s.m. e Provéi, la “stazione” più bassa, a 1323 m/s.m.;
- Domás a 1666 m/s.m. con le fermate alla Vòlto d’Otín, Domassóu, Stall Nòv (dove c’erano pascoli alberati);
- Forcaríd a 1713 m/s.m. e Gasgèrn, l’alpe più alto, a 2000 m/s.m.
Nell’antichità, la zona degli alpi fu dapprima quasi certamente sfruttata quale territorio di caccia.
I primi disboscamenti realizzati con lo scopo di ricavare pascoli alpini rislagono almeno a tre millenni fa.
Da un preciso documento risulta che l’attribuzione degli alpi della Leventina da parte del Comune di valle alle singole Vicinanze risale al 1227. Si può quindi ipotizzare che, con ogni probabilità, anche l’attribuzione degli alpi di Claro alla Vicinanza possa risalire a quei lontani tempi.
È curioso notare che, nell’attribuzione degli alpi all’interno della Vicinanza, alle due degagne a sud vennero attribuiti gli alpi più a nord e alle due degagne a nord del paese vennero assegnati gli alpi più a sud. Ciò per esigenze pratiche legate al comportamento del bestiame.
Così:
- i Boggesi della degagna da Scubiègh stazionavano dapprima a Provéi (a ca. 1350 m s/m) per poi caricare successivamente l’alpe di Mótt (a ca.1870 m. s/m);
- quelli della degagna da Dun caricavano l’alpe di Domás. Anticamente la Boggia (comunità che caricava l’alpe) faceva capo anche a la Vólto d’Otín, a Domassóu e a Stáll Nòv (dove c’erano pascoli alberati). Sulla sinistra e a monte di Domassóu, resta l’abbozzo di una costruzione iniziata nell’ ‘800, mai portata a termine poiché osteggiata e oggetto di ricorso alle Autorità superiori.
- la degagna da Brégh era suddivisa ancora nelle due “frazioni” – da Scími e – dal Témp. La prima caricava gli alpi di Peurétt e Canèe (“Canèe da Crèe”), senza dimenticare il corte dei Mòrt, mentre la seconda caricava Cadín e Garerésc;
- la degagna da Cass’ro caricava gli alpi di Forcaríd e Gasgèrn.
Un discorso a parte merita Pretoldèi, l’alpe conosciuto dai più come Brogoldone o Alpasc.
Quell’alpe fu la striscia di Gaza “nostrana” per secoli!
Fu infatti oggetto di contestazioni, di conflitti, di liti interminabili sulla linea di confine tra Claro e Lumino, di cui si hanno testimonianze già a partire dal 1416.
È interessante ricordare che il 19 agosto 1705, Castione vende al Monastero di Claro la sua terza parte dell’Alpe di Brogoldone (l’antico Pretoldono).
Il contenzioso tra i comuni confinanti si protrasse per quasi sei secoli fino a giungere all’arbitrato del 29 giugno 1961, cui seguì il riconoscimento dei punti di confine ufficializzati e accertati nel 1998.
Le costruzioni edificate sul territorio comune degli alpi dovevano sottostare a criteri ben definiti.
Il verbale della Visnanza d’ degagna, l’Assemblea della degagna di Duno del 17 ottobre 1772, chiamata ad esprimersi sulla domanda di grazia per la costruzione di uno stabile, ricorda le condizioni alle quali si doveva sottostare per costruire sull’alpe di Domás.
In quell’occasione, la “vicinantia” decide che «si possa fabrichare una cassina per focho su l’alpo di Domasso cioè che chi vorrà e potrà, quelli che saranno veramente vicini detta degagna, per riponere il fatto suo e far focho nel tempo che si sta su nell’ alpo e non altro tempo. Con questo che chi vorrà fare detta cassina deve dimandare due uomini cioè il stimatore moderno e il capo di Boggia a disegnarli il locho. E che quando si farà Boggia che tutti li cassine sia a benefizio della Boggia e quando che non anderà su quelli che avrà fatto cassine o che verrà in meno vita, che sia sempre patroni li Boggesi e non li particolari. E che sia sempre tutti uniti di andare insieme con li loro bestiami in pastura e per quello che farà bisogno per l’alpo e questo sono fatto con questa intelligenza per quel tanto che à potuto fare la degagna non per pregiudizione al restante del Comune né alla Giustizia»
Condizioni analoghe regolavano la realizzazione di edifici su tutti gli altri alpi.
Lo sfruttamento degli alpi, iniziato in quei lontani tempi, si protrasse fin poco dopo la seconda guerra mondiale, circa a metà del secolo scorso.